Sa Pa: villaggio di Ta Van
Il viaggio in poche parole
Villaggio di Ta Van: il countryside di Sa Pa, Vietnam. Un luogo naturale, semplice e autentico; dove il materialismo e l'artificio del mondo non è ancora giunto; dove nelle case avvengono alcuni riti antichi che vedono dare in sacrificio animali agli Dèi.
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Villaggio di Ta Van: una fiaba che diventa realtà
Spingersi nel cuore delle montagne di Sapa, al Nord-Ovest del Vietnam, significa farsi accogliere e trascorrere un po' di giorni in compagnia di una vera famiglia vietnamita. Osservarne le usanze, il modo con il quale vivono, cosa mangiano, come si riscaldano. E ancora, dove dormono, e persino come producono il composto che serve per disinfettare i vestiti, e come ricavano l'acqua per lavarli. Potrai godere della semplicità di una casa in legno incastonata tra le montagne, cuccioli di cane che bevono del latte dalle mammelle dalla loro mamma, galline che beccano dei chicchi di grano, e le oche che nuotano nelle acque delle risaie. A fare da cornice a tutto questo, ci sono le imponenti montagne che si estendono a perdita d'occhio, le farfalle e le api che volano di fiore in fiore, e i bufali che sguazzano nel fango sotto l'occhio attento del loro pastore. Questo e tanto altro è ciò di cui potrai riempirti il cuore dal primo momento che metterai piede a casa di Mama Sapa. E poi, immagina la mattina, lasciare la tua umile stanza, uscire fuori dal balcone e farsi baciare dal calore del sole, farsi ammagliare dalle verdi montagne rigate dalla risaie e poi abbandonarsi al lento dondolio di un'amaca. Un risveglio lento, di quelli che raramente si fanno durante il tram tram della vita quotidiana. A un certo punto uno dei figli di Mama Sapa, provvederà a donarti la prima coccola della giornata: un caffè caldo da sorseggiare con calma. A sera, si cena con piatti tipici a km 0 della cultura vietnamita e, dopo cena, se vorrai, puoi chiedere di farti preparare un tè caldo. Stringi la tua tazza tra le mani, e il viaggio verso la pace dei sensi sarà assicurato. Un'esperienza che ti porta indietro nel tempo, alle vecchie maniere, alla semplicità di una casa, alle fusa di un gatto e alle coccole dello scoppiettare del fuoco.
Sei mai stato con la testa tra le nuvole?
Al di là dei dettagli appena forniti, è giunto il momento di entrare più nel vivo di questa esperienza. Quando sono giunto a Sa Pa, il mio principale obiettivo era cercare di entrare in un altro mondo. Una dimensione semplice, autentica e che il materialismo del mondo non aveva ancora intaccato o che il turismo di massa non ha trasformato. Avevo bisogno di vedere scene piene di vita che mi riempissero l'anima, e qui posso dire di aver trovato tutto e pure di più. Il trekking di Mama Sapa contribuisce a mostrarti alcune delle tante magie di questo posto. Con il percorso organizzato, man mano che si sale, potrai toccare e immergerti letteralmente tra le nuvole. Ricordo ancora quando parlando con Mama Sapa le dissi: "Oh Mama, guarda: c'è la nebbia!" Al che lei mi rispose: "Queste sono nuvole". Improvvisamente quella magia mi fece scoppiare il cuore dallo stupore e, quando credevo che le meraviglie sarebbero finite, di lì a poco, nel punto più alto del percorso, altre scene di vita quotidiana che mi fecero battere il cuore. Bambini che si rincorrevano, ai quali bastava porgergli la mano, cosicché al loro passaggio potessero schiacciare un bel cinque; i più piccoli e meno sfrontati che rimanevano sull'uscio della loro umile dimora e che mi salutavano con la loro manina. Cani che si avvicinavano per la pretesa di una carezza, intere famiglie di galline e papere che tagliano la strada; le risaie che disegnano tutto il paesaggio circostante, e le foreste di bambù che danno la casa a ragni e altri tipi di insetti. Tutto questo avvolto in una arie fresca e fine, che sa di menta. Cascate piccole e grandi, vicine e lontane che fuoriescono dalle montagne, e poi fiumi e ruscelli che cantano la musica di Madre Natura. In questo percorso non sono mancati gli incontri: un pastore seduto su un enorme masso, in attesa che il suo bufalo pascolasse nelle risaie, un bambino seduto su un altro masso mentre contemplava la natura e, con un dolce sorriso, scuotendo la mano, mi concesse un saluto. Le case con le loro recinzioni in ferro filato, al di la delle quali, è possibile scorgere lo 'spettacolo' della vita quotidiana della gente che popola questi luoghi così remoti. Una mamma ad occhi chiusi che si porta il suo figlioletto più piccolo al petto, e sua figlia un po' più grandicella con addosso solo una maglietta che, appena mi vede, si infila in fretta le calze. Le donne più anziane che si dilettano in lavoretti artigianali, altre donne che stendono al sole i panni, e altre ancora che badano ai loro orticelli. Poi mentre mi immergevo in tutto questo, un suono di tamburo catturò la mia attenzione.
Se quando viaggi ascolti, segui e scopri...
L'attrazione fu fortissima, e il suono di quel Dong sapeva di antico, e a ogni rintocco mi catapultò sempre più in un mondo parallelo. Rallentai il passo, e portai lo sguardo verso una casa che era praticamente poco visibile per via delle nuvole che fluttuavano attorno. Chiesi a Mama Sapa cosa fosse quel suono, se potevo andare a vedere con i miei occhi. Il permesso mi fu accordato. Cosa ci sarà al di là della foschia? L'avrei scoperto subito. Il cuore cominciò a battermi come un tamburo dall'emozione. Incontrai un anziano signore che mi sorrise con le fessure tra le gengive, la sua pelle era doppia e rossa. Sulle spalle, avvolto in un panno colorato, portava una dolce e tenera anima vietnamita. Un contrasto pazzesco a cui feci subito un inchino con l'anima. La saggezza e la purezza messi assieme in un solo momento. Scatto una foto per immortalare il momento, e dopo mi invitarono ad entrare in casa. Ciò a cui assistetti fu surreale: quel dong di tamburo veniva emesso da una delle donne più anziane della famiglia. Era in ginocchio, cantava qualcosa di indecifrabile, e di tanto in tanto gettava dei corni per terra come si fa con i dadi. Mi ritrovai davanti a un vero rito, qualcosa di mistico e lontano che il progresso non ha ancora cancellato. Al centro della stanza un maiale intero che gocciolava, offerto in sacrificio a qualche entità superiore. Io immobile, interdetto e quasi senza fiato. Al termine del rito, uno dei componenti della famiglia mi porge del liquido trasparente, come l'acqua, all'interno di una piccola tazzina da tè. Bevo, e mi va in fiamme bocca, gola e stomaco. Era un liquore a base di riso fatti in casa, uno dei più forti mai assaggiati ma anche il più delizioso. Nell'angolo di una stanza c'era una signora anziana alla quale mi avvicinai. Le presi le mani, le accarezzai, come se volessi rubarle un po' della sua saggezza e longevità intrinseca per portarmela via con me come un tesoro. La sua pelle era liscia, a tratti ruvida e finissima: aveva 97 anni.
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